Venerdì 15 giugno, prima: Ernesto Lama porta in scena "Gemelli si, fratelli no" di Raffaele Speranza, al Teatro La giostra di Napoli

Gemelli si, fratelli no di Raffaele Speranza. Ernesto Lama porta in scena il paradosso, tra vita reale e scenica, e chiude la prima stagione teatrale dello spazio multidisciplinare dei Quartieri Spagnoli

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Volge al termine la prima stagione teatrale del Teatro La giostra di Napoli, lo spazio multidisciplinare dei Quartieri Spagnoli, che ospiterà, venerdì 15 giugno 2018alle ore 20.30 (repliche fino a domenica 17) il debutto di Gemelli si, fratelli no di Raffaele Speranza, per la regia di Ernesto Lama, anche interprete in scena con Antonio Speranza.

Presentato da Compagnia M.A.T.I. Gemelli si, fratelli no è un testo liberamente ispirato a “Il paradosso sull’attore” di Denis Diderot e al “Don Giovanni” di Molière, che attraversa formule e regole diverse di comunicazione tra i due personaggi protagonisti, figli dello stesso padre e concepiti nello stesso giorno, ma da madri diverse.

Fratelli, dunque, e “gemellastri”, anch’essi attori, le cui dinamiche, tra vita reale e scenica, appaiono completamente diverse. Dinamiche che, paradossalmente, vivono tutti gli uomini, attraverso lo studio di una vita per riuscire a calcare il palcoscenico, non necessariamente teatrale, nello spettacolo del tempo che passa.

“Il paradosso – scrive Ernesto Lama in una nota – è, genericamente, la descrizione di un fatto che contraddice l’opinione comune e l’esperienza quotidiana, apparendo sorprendente, straordinario e bizzarro. Tutto questo tradotto in teatro prende forma nella ricerca di una verità che si può realizzare solo attraverso l’artificio, la tecnica e lo studio meticoloso. In poche parole ci si avvicina all’emozione del pubblico, dove la parola e il movimento degli interpreti sono diventati di loro possesso, in maniera totale”.

La sfida nella messa in scena di questo testo parte proprio dalla sintesi fatta dallo stesso Diderot sulla sostanza del suo testo.

Il filosofo francese parrebbe dire che, per poter essere degli attori sublimi, bisogna sia tutto studiato e calcolato nella massima precisione, lasciando così poco spazio all’interpretazione d’istinto, ma anche che più si è costruiti più si appare sublimi. Ma sarebbe errato relegare il paradosso nell’ambito della specificità teatrale, poiché affronta anche il problema del modello ideale e della sua funzione nella rappresentazione della realtà.

 “Il mio testo – sottolinea l’autore – racconta di come sono cambiati i nostri rapporti con l’altro, dal momento in cui non conosciamo più l’altro chi è, ma solo come appare. Quante persone conosciamo che nelle foto dei loro profili social sembrano più di quello che sono nella realtà? A pensarci bene è un giochino vecchio come il mondo, ed esistono persone che grazie a questo giochino hanno fondato la propria ricchezza”.

Lo spettacolo pertanto diviene, così, la presentazione di un modello di attore tipo. Una continua riflessione sul mondo che viviamo, in cui il modello attore è soltanto il pretesto per rappresentare una realtà d’immagine che poco ha a che fare con una realtà di sostanza e di sentimenti, così come affermava lo stesso Diderot circa trecento anni fa.

 

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