Il ripristino nel 1819 della festività di san Michele Arcangelo, patrono della Diocesi di Caserta

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“I Longobardi son varchi le pendici da Benevento festosa e v’arriva il culto dell’Arcangelo diffuso a sterminar corti e male.”

(Gaetano Andrisani, Carme a Caserta, Caserta 1997)

 

E’ cosa risaputa che, il culto di San Michele Arcangelo nel comprensorio tifatino (San Michele Arcangelo è patrono di alcune città del comprensorio: Maddaloni, Casagiove, Marcianise, Curti), venne introdotto in epoca remota dai Longobardi, popolo proveniente dalla lontana Scandinavia che, una volta convertitosi al Cristianesimo, risultò devotissimo all’ “Arcangelo guerriero”. La antica cattedrale di Casertavecchia, così come quella di Caserta nuova, sono entrambe poste sotto gli auspici dell’Arcangelo san Michele. Un dato del tutto inedito, riguardante la festività dell’Arcangelo che, in passato si svolgeva a Caserta, essendo il Santo sia protettore della Diocesi casertana che titolare della chiesa cattedrale, emerge dalla attenta analisi di un fascicolo conservato presso l’Archivio storico diocesano di Caserta (I.01.09. FESTIVITA’ E FUNZIONI RELIGIOSE / BUSTA 4 FASCICOLO 37), dato che, allo stato attuale questa festa non viene più celebrata in maniera solenne.

 

Nella prima metà dell’Ottocento, il popolo diocesano casertano, sentì l’esigenza spirituale di venerare al meglio l’Arcangelo san Michele, “Principe delle milizie celesti”, Patrono della Diocesi di Caserta. Già nell’ottobre 1818, il Sommo Pontefice Pio VII, attraverso il Breve Apostolico diretto ai “Venerabilis Fratres ac Dilecti Filii”, attestava, almeno nella diocesi di Caserta la festività dell’Arcangelo “condottiero”, quale principale protettore della Diocesi. Il documento pontificio, era in realtà diretto, in generale, a tutte le sedi vescovili del Regno delle Due Sicilie con “Salutem, et Apostolicam Benedictionem”. In questo modo, la Santa Sede, chiarì le idee non solo ai prelati, ma pure ai fedeli laici, sull’importanza che il Santo, titolare della cattedrale, avesse sugli altri. Questa cosa, non passò inosservata alle Autorità civili che, con entusiasmo popolare, vollero assolutamente tributare al glorioso san Michele Arcangelo una degna festività. Nonostante nelle diverse località sotto la giurisdizione del vescovo di Caserta si venerassero vari Santi e la Vergine Maria sotto titoli differenti, queste, non dimenticarono affatto il Santo titolare della Cattedra episcopale casertana, contribuendo in qualche modo, a far rifiorire il culto e la venerazione, così come in epoca remota, iniziarono i valorosi Longobardi. L’allora sindaco “della comune di Maddaloni” (città dove il Santo era già acclamato Patrono), Salvatore Bonelli, rivolgendosi al vescovo di Caserta, Francesco Saverio Gualtieri, “umilmente fa(ceva) presente”, insieme con “la popolazione tutta”, di avere la festività dell’Arcangelo, “perché principale Patrono e Protettore, di doppio precetto, secondo il primiero, ed antico rito nel giorno, in cui accade(va)”. Ugualmente, il sindaco di Capodrise, Giovan Paolo Ricciardi, il 28 aprile 1819, faceva trapelare dalla sua richiesta: “la divozione, che i naturali di questo Comune di Capodrise hanno sempre avuta per l’inclito Protettore della Diocesi S. Michele Arcangelo”. Il Sindaco capodrisano, quindi, unito ai decurioni e ai Parroci, pregarono “ad ottenere dal Sommo Pontefice Regnante stabilire per Festa di doppio precetto il giorno 8 maggio, nel quale celebra(va) la chiesa la memoria della sua gloriosa apparizione”. Il 2 maggio 1819, il Vicario generale della Diocesi di Caserta, il canonico Costabile, indirizzava ai “signori” Arcipreti Canelli di Limatola e Ragozzino di Marcianise, due lettere aventi identico contenuto, in cui si avvertiva che Monsignor Vescovo “autorizzato dalla S. Sede con Breve Apostolico, ed in seguito di Sovrano Permesso, ha(veva) ordinato che si rimettesse la solennità dell’Arcangelo Protettore, e titolare S. Michele nel proprio giorno otto maggio di ciascun anno, siccome, si è(ra) osservato sino all’anno scorso”.  Anche l’Amministrazione Comunale di Caserta, non fece mancare il suo parere sulla questione, tanto che, il 22 aprile 1819, sotto la guida del sindaco Simone di Caprio, autorizzava che si fosse celebrata “colla dovuta solennità” la festività di san Michele. Il vescovo Gualtieri, con lettera del 24 aprile 1819, indirizzata al Ministero degli Affari Ecclesiastici di Napoli, spiegava che il Comune “di questo Real Sito di Caserta”, avesse accettato entusiasticamente il ripristino della festività dell’Arcangelo, a seguito delle “continue ed efficaci premure, onde fosse rimessa e reintegrata la festività dell’Arcangelo S. Michele Principale Patrono, e Protettore di tutta la Diocesi, e titolare della (sua) Cattedrale”. Ad ogni modo, il vescovo di Caserta, non si riallacciava nel discorso ai due documenti per il ripristino della festività, ma egli, nello specifico rendeva noto quanto, nella sua diocesi, “il fervore, e la devozione, delle Popolazioni pel Santo Protettore”, nonché le “domande dé rispettivi Sindaci e Comuni, non meno, che quelle del mio Capitolo”, avessero potuto incidere fortemente nei cuori e nelle menti dei tanti fedeli devoti che, non vollero dimenticare tra le pratiche di “pietà popolare” un posto speciale riservato al “Principe angelico”. Fu così che, una volta ottenute le dovute autorizzazioni, il vescovo divulgò tramite notificazione, “ai diletti fratelli, e figli della Diocesi casertana” che, “questa buona Diocesi gloriandosi di solennizzare […] il giorno otto Maggio di ciascun anno in onore dell’Apparizione di S. Michele Arcangelo titolare, e tutelare nostro”. la voce del vescovo giunse nel resto delle comunità parrocchiali tramite i Parroci  e i Rettori che, avvertirono il popolo “di questa nuova propria, e solennità e dell’obbligo, che di osservarla religiosamente”.

(Le foto sono di proprietà dell’Autore)

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