Il ritrovamento, nel 1876, di un’antica epigrafe nel villaggio di Coccagna (Casagiove)

0 1.543

Con lettera del 13 giugno 1876, indirizzata all’ “Onorevole Sig. Prefetto di Terra di Lavoro”, l’allora sindaco di Casagiove, cavalier dottor Raffaele Centore, comunicava “che in una casa alle falde dei Tifati, sita alla contrada Coccagna”, appartenente al colono Giuseppe Gammella di Domenico, era stato rinvenuto “nel cavamento un grosso pezzo di pietra con figure a rilievo”. Il sindaco, quindi, non appena le venne riferita la notizia del rinvenimento dell’oggetto in questione, si precipitò sul posto per effettuare un sopralluogo. L’oggetto ritrovato, secondo quanto affermato dal sindaco di Casagiove nella sua deposizione: “è(ra) di travertino bianco indicante essere coperchio di mausoleo lapidare […], con impronta di due putti a rilevamento: alla sua sommità una testa, e là dove fregia(va) una piccola linea di capitelli” vi erano incise “due linee di versi latini appena intelligibili” e che a stento, lo stesso sindaco aveva “potuto leggere le parole SALVE VIRO”. L’oggetto in questione aveva le dimensioni “di circa 50 centimetri di spessezza, altezza metri 1,40, e larghezza di circa 60 centimetri interrata in linea orizzontale”. Il sindaco allora, “in vista di ciò” aveva fatto “sospendere i lavori del susseguente scavo” a norma del N°3 della Circolare di “codesta Prefettura in data 12 gennaio 1870”, emettendo di conseguenza “le sollecite disposizioni” onde il proprietario del luogo avrebbe, “senza suo danno”, potuto “proseguire il lavoro di fabbrica”. In risposta al sindaco di Casagiove, il Prefetto e Presidente della Commissione Conservatrice dei monumenti ed oggetti di antichità e delle arti della provincia di Terra di Lavoro, il 21 giugno 1876, ringraziava “delle cure prestate in far conservare l’antica epigrafe rinvenuta alla contrada Coccagna”. Il Prefetto allora chiedeva “che la stessa epigrafe nell’interesse della scienza”, fosse stata ceduta al Museo Campano di Capua, “non esitando la Commissione a dare un discreto compenso al proprietario, quando fosse richiesto”. La Commissione Conservatrice delle antichità della provincia di Caserta, consapevole dello “sciacallaggio” svolto a discapito di importanti pezzi archeologici, cercava di estirpare questa cattiva abitudine da parte dei privati che, nella maggior parte dei casi, una volta trovati oggetti archeologici nelle loro proprietà ne entravano illecitamente in possesso, creando in questo modo una sorta di “mercato nero” dell’antiquariato. La maniera più elementare per poter ricevere da parte di privati i pezzi archeologici rinvenuti, era quella di concedere agli stessi privati congrui compensi in denaro. Il sindaco Raffaele Centore, in base alla richiesta fatta dalla Commissione Conservatrice, scriveva al signor canonico Gabriele Iannelli, direttore del Museo Campano, informandolo che Giuseppe Gammella “proprietario dell’epigrafe rinvenuta nella contrada Coccagna” aveva chiesto di “farne cessione” al Museo di Capua. Il sindaco Centore allora, offrì al colono un’ offerta di Lire 20,00 “oltre il trasporto”, ma il Gammella non accettò tale offerta perché a suo dire un antiquario di Napoli gli aveva “già proposta la cifra di 380 Lire al fine di acquistarla”. Secondo il canonico Iannelli “qualunque sia stata la risoluzione” da prendere sull’acquisto dell’epigrafe presso il Gammella, bisognava comunque attendere la decisione della Commissione Conservatrice “nella prossima riunione del 5 luglio”. Il prezzo stabilito dalla Signoria Vostra “è(ra) nei termini del giusto”, tanto che il proprietario avrebbe potuto accettare “senza rimorsi” la somma prestabilita, in base allo scopo “cui la pietra è(ra) destinata”. Era poi “di moda che ogni oggetto tratto dal seno della terra” equivaleva ad un tesoro vero e proprio per chi lo trovava, quindi doveva far meraviglia se il colono Gammella “non si arresta(va) alle sole lire 70, ma vola(va) con la fantasia fino alla cifra di Lire 380!”. Dal canto suo, Gabriele Iannelli era curioso di “sapere il nome del generoso che volle assegnare tale somma ad una semplice epigrafe sepolcrale, composta non più che dei soli due nomi d’un marito e d’una moglie”. La Commissione Conservatrice, rappresentata dal Prefetto Presidente di Terra di Lavoro, allora rivolgendosi al Sindaco di Casagiove, informava che relativamente “all’acquisto della sepolcrale epigrafe presso il Gammella, la quale poiché non presenta(va) alcuna archeologica importanza, rozzamente scolpita sopra ruvido travertino”, dell’oggetto in questione poteva avere solo “un certo interesse la figura a piccolo rilievo del cavallo con basto” e dunque era stata valutata “non oltre le lire trenta”. Il Presidente della Commissione pregava perciò il sindaco casagiovese ad “avvisarne il proprietario” e qualora non fosse stato disposto a cederla per “l’indicato prezzo”, la Commissione si sarebbe sciolta da “qualunque impegno”. Soltanto dopo un’accurata pulitura da parte di esperti, si riuscì a decifrare quello che stava scritto sulla epigrafe: “CN. CORNELIO. CN. L. FLACCO. OFFILLIA. S. L. SALVILLA. SIBI ET VIRO”.

(Fotografia raffigurante il canonico Gabriele Iannelli, conservata presso l’Archivio storico del Museo Campano di Capua).

Fonti archivistiche

  • Archivio storico del Museo Campano di Campano, Fondo Manoscritti – Busta 604, Fascicolo 17.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Ho letto e accetto Privacy Policy

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.