La riforma tradita: “L’odore della libertà” al PalArti di Capodrise

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CAPODRISE (Caserta). Luigi e Massimo sono due uomini soli. Per motivi diversi, ma soli. Uno ama il calcio, l’altro i libri di Émile Zola. Uno è in cerca di un amico, l’altro di un’occasione per liberarsi di un cognome ingombrante; dall’incontro di queste due solitudini nasce un rapporto grande più di un’amicizia e “L’odore della libertà”, l’ultima fatica del regista e attore Ferdinando Smaldone, anima del Teatro Rostocco di Acerra. Sullo sfondo c’è l’Italia degli anni Settanta, segnata dalle parabole di Gianni Rivera, dalle stragi di ogni colore e, soprattutto, da un regime carcerario “degno” dell’inquisizione spagnola. Luigi, in galera per un furto, dopo un lungo isolamento, uccide un altro detenuto.

Un delitto efferato! Massimo, un giovane e inesperto procuratore, è nominato suo difensore. Sembra una causa dall’esito scontato; e, invece, talvolta i perdenti vincono e la storia li chiama a sé. La vicenda processuale, tra la finzione teatrale e la cronaca del tempo, stimola un cambio di paradigma, trasfuso nella Riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975: il carattere punitivo della pena cede il passo a quello riabilitativo. Ma i buoni propositi del Legislatore si disperdono nel clima politico e culturale che si respira in Italia: le esigenze di sicurezza dei cittadini e di protezione dell’ordinamento democratico trasformano il carcere da estrema soluzione a soluzione estrema, a principale, e tutt’altro che chirurgico, strumento di repressione del terrorismo e della criminalità. L’atto unico, il 16 giugno, alle 18:30, andrà in scena, in prima assoluta, al Palazzo delle Arti di Capodrise, nell’ambito della rassegna “Capodrise contemporanea”. Con l’assistenza alla regia di Francesca Caprio, Smaldone dividerà il palco con Raffaele Cirella, Salvatore Esposito, Federico Bassano e Vincenzo Pascarella. Lo iato tra la promessa contenuta nella riforma e il suo inveramento è sotto gli occhi di tutti, certificato nelle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, nell’ormai celebre “Torreggiani contro Italia” del 2013. Eppure, a 44 anni di distanza, la domanda di Luigi e di Massimo resta: fino a che punto la riabilitazione può essere compatibile con la segregazione carceraria? “L’odore della libertà” è un’opera che ci trascina di fronte a quelle sbarre e ci obbliga a rispondere, perché racconta, con un iperrealismo disturbante, una – la! – contraddizione del potere: consentire, in una cornice di legalità, a uomini di infliggere ad altri uomini la più terribile delle pene: la privazione della libertà. Foto di scena di Alessandro Musone. Ingresso gratuito.

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