Il ritrovamento archeologico, nel 1891, di tombe e oggetti antichi nella “via Jovara” di Casagiove

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“Io cerco per sapere, non per avere un’opinione”

(sant’Agostino d’Ippona)

 

I. La confidenziale lettera di Giulio Minervini inviata a Gabriele Iannelli

Da Napoli, dove all’epoca risiedeva, l’11 novembre 1891, il nobile Giulio Minervini, portava all’attenzione del canonico Gabriele Iannelli di Capua, in tutta segretezza,  un’interessante epistola “in confidenza”, in cui si chiedeva allo stesso Iannelli di denunciare al Prefetto di Caserta “un grave fatto” che avrebbe interessato la Commissione Conservatrice. Il fatto, stava coinvolgendo la cittadina di Casagiove e più precisamente, in quel periodo “nella via Jovara” si stavano “eseguendo certe costruzioni”. Continuava il Minervini dicendo che “Nel fare i cavamenti” gli operai si imbatterono “in una vera necropoli” e di conseguenza di “un numero non lieve di sepolcri, ricoperti da un solo masso di pietra, non a retto ma orizzontale; le ossa deposte, armi e altri oggetti presi ed in parte distrutti”. All’interno dello scavo, durante i lavori, nessuna “cautela” era stata presa, perché l’uso “rozzo” dei picconi aveva di conseguenza “infranto gli oggetti” che si consumavano nelle tombe. Il Minervini metteva quindi in guardia il canonico Iannelli, chiedendo di “sospendere i lavori” e cercare di continuarli con la “debita sorveglianza”. Bisognava poi, sempre a dire del Minervini, “trovare gli oggetti e sequestrarli” nel caso qualche malintenzionato se ne fosse sacrilegamente appropriato. Bisognava poi, “esaminare le tombe per vedere a quale civiltà ed a quale tempo” appartenevano. La sensibilità culturale di Giulio Minervini faceva trapelare una certa rabbia, tanto da non capacitarsi del fatto che “non si sa(peva) comprendere come in un popolo esiste(vano) simili profanazioni”. Continuava infine, il Minervini, contro gli ingegneri “più barbari”, i quali, “per edificare una scorciatoia moderna” avrebbero distrutto “tutto il mondo antico”. Ad ogni modo, il nobile Minervini non voleva essere nominato, ed era opportuno “agire al più presto” affinché non fosse continuata “l’opera di distruzione”.

II. Le posizioni assunte dalla Commissione Conservatrice di Terra di Lavoro

Con nota del 18 novembre 1891, la Commissione Conservatrice dei Monumenti ed Oggetti di antichità e Belle Arti, che vigilava sulla vasta provincia di Terra di Lavoro, rappresentata dal Prefetto Presidente dell’epoca commendator Giovanni Giura, avvisata dal canonico Gabriele Iannelli, informava il sindaco di Casagiove che, tramite il Prefetto stesso, era venuto a conoscenza del fatto “che nella Via Juvara di cotesto Comune”, si stavano eseguendo “estese costruzioni”. Nel procedere a fare “i cavamenti, si è(ra) rinvenuto un numero non lieve di sepolcri, ricoperti tutti da un solo masso di pietra, messo tetto, ma orizzontale”. Continuava dicendo il Prefetto Giura che, quei sepolcri erano “stati scoperchiati e profanati; le ossa disperse, armi ed altri oggetti presi ed in parte distrutti”. Al momento del “fortuito” ritrovamento poi, non era stata presa nessuna “cautela”, perché i picconi  avevano “sovente infranto gli oggetti, che si conservavano nelle dette tombe”. Il Prefetto aveva sentito parlare di “graziose anforine” senza però sapere se si trattasse “pure di vasi greci”. Ad ogni modo, “tutto si è(ra) dissipato e rapito, senza averne dato la minima conoscenza a questa Real Commissione” che appunto, Giovanni Giura, aveva “l’onore di presiedere”. Per cercare di non combinare ulteriori guai, il Prefetto, “dolentissimo per di tutto l’accaduto”, incitava il Sindaco casagiovese a far “sospendere gli anzidetti lavori”, i quali non potevano “essere proseguiti senza la debita sorveglianza”, augurandosi che non fossero avvenute “ulteriori devastazioni”. Inoltre, il Sindaco veniva, nel tempo stesso, invitato a “fare accurate indagini” per sapere presso chi si trovavano “gli oggetti derubati”. Contemporaneamente al Prefetto Giovanni Giura, della questione venne messo al corrente anche il commendator Giacomo Gallozzi, “qual Regio Ispettore del Mandamento di S. M. C. V.”, il quale, in breve tempo, si sarebbe recato sul posto per “verificare la posizione delle cose”.

III. La “tempestiva” risposta del sindaco di Casagiove

Non passarono molti giorni che, il 23 novembre 1891, il sindaco casagiovese Giuseppe Menditti, si apprestò a rispondere il Prefetto di Caserta, informandolo che, non appena gli pervenne “il suo autorevole foglio”, erano stati “al momento sospesi i lavori tutti di costruzione e scavi, giusta i suoi ordini, alla imboccatura della via Jovara in questo Comune”. Il sindaco Menditti riferiva nella sua nota che vennero interrogati “i proprietari, nonché i lavoratori di dette opere” e che lo stesso sindaco si era precipitato personalmente sul posto, verificando che “alla profondità di circa metri due, in tre cavamenti diversi a brevissima distanza fra loro”, erano stati appunto “rinvenuti cinque sepolcri composti di grossa lastra di tufo contenente della terra, poco ossame e dei vasi di terra-cotta grezza; inoltre altri due pure di terra cotta piccoli e verniciati, però rotti, minutissimi e pochi frantumi di metallo, forse bronzo”. Evidentemente, quando il sindaco arrivò sul posto, molti oggetti erano già scomparsi “misteriosamente”, senza escludere che qualcuno se ne fosse appropriato in maniera sacrilega. Tuttavia il sindaco Menditti, restava “in attesa dei suoi ordini”, quelli del Regio Ispettore Mandamentale, il quale, a quanto pare, “non è(ra) ancora venuto in questo Comune”.

IV. La relazione dell’Ispettore commendator Giacomo Gallozzi

Agli inizi del mese di dicembre 1891, precisamente in data 3 dicembre, il Regio Ispettore Giacomo Gallozzi si apprestava a redigere una relazione su come, effettivamente, fossero andati i fatti. Il commendator Gallozzi era stato incitato a trattare la faccenda sui ritrovamenti archeologici avvenuti in Casagiove, spinto dal canonico cavalier don Gabriele Iannelli, segretario del Museo Campano di Capua, tramite una “partecipazione”. La lettera inviata dal canonico Iannelli, dunque, spinse l’Ispettore Giacomo Gallozzi a recarsi personalmente nel Comune di Casagiove, “per vedere le antiche tombe ivi rinvenute”. Una volta osservata la zona interessata al ritrovamento, il Gallozzi procedette a relazionare al Signor Prefetto Presidente della Commissione Conservatrice dei Monumenti Antichi di Caserta, quanto appunto da lui osservato. La faccenda aveva coinvolto un tal Gabriele Mingione, il quale “aveva censito dal sign. Santoro un pezzo di terreno per costruirvi una casa, la quale è(ra) già costruita non solo a pianterreno, ma anche nel piano superiore, mancando solo la copertura”. Il sign. Mingione, affermava che “Alla distanza di circa metri 16 dal muro interno di tal fabbricato, nello scavare un pozzo rinvenne una tomba di lastre di tufo di figura rettangolare alla profondità di circa metri due”. Mentre si formava un fosso “per estrarne della pozzolana”, nelle vicinanze, “alla medesima profondità rinvenne altre due simili tombe”. All’Ispettore Gallozzi furono “esibiti dei vasi li rinvenuti”, vasi che erano “di creta ordinaria senza alcuna soprasostanza” e quindi non offrivano “alcun interesse”. A questo punto, l’Ispettore Gallozzi riteneva che il detto Mingione poteva “proseguire le sue fabbriche” che in realtà erano già “al piano superiore”, ma, proseguendo nell’estrazione della pozzolana “allargando il fosso”, sia il Mingione, sia il suo vicino Francescantonio Menditti, erano obbligati, nel caso di rinvenimento di altre tombe, “di non aprirle”, se prima non avessero avvertito il “sottoscritto nella qualità di Ispettore del Mandamento”, affinché queste si fossero aperte alla sua presenza, per verificare di conseguenza se al loro interno si trovavano oggetti antichi.

V. La risoluzione della questione degli scavi

Il Prefetto di Caserta Giovanni Giura, rispondendo al sindaco di Casagiove attraverso una nota del 6 dicembre 1891, lo informava che “avendo subito il parere” dell’Ispettore Giacomo Gallozzi e allo stesso tempo “appoggiato pure dal parere” del Segretario della Commissione Conservatrice canonico Gabriele Iannelli, invitava lo stesso sindaco a “partecipare al proprietario delle case in via Jovara”, al quale venne accordato il permesso “di proseguire le falliriche” degli scavi, purché “imbattendosi in nuovi sepolcri, od atri oggetti d’antichità”, avesse avvisato immediatamente, durante i lavori, la Regia Prefettura.

 

Fonti archivistiche e bibliografiche

  • Biblioteca del Museo Provinciale Campano di Capua, Sezione Manoscritti: Busta 621 – Fascicolo 9.
  • Giuseppe Centore, Gabriele Iannelli e il Museo Campano di Capua, Capua 2009.

 

Ritratto fotografico del canonico Gabriele Iannelli, conservato presso la Biblioteca del Museo Campano di Capua.

 

Ritratto fotografico del commendator Giacomo Gallozzi, Regio Ispettore della Provincia di Terra di Lavoro per Scavi e Monumenti Antichi.

 

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