L’epidemia di colera del 1911 e la costituzione del Comitato di pubblica assistenza a Casagiove

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“Scienziato non è colui che sa dare le vere risposte, ma colui che sa porre le giuste domande”.

(Claude Levi Strauss)

 

I. La formazione del Comitato di Assistenza Pubblica

Il Comitato in questione, si andò formando grazie allo zelo e alla passione civile di persone rispettabili di Casagiove. Un gruppo di persone che si prefissarono il nobile compito di assistere moralmente e anche materialmente, tutte quelle persone che, sfortunatamente, avevano per varie ragioni contratto il colera. A presiedere il movimento filantropico vi era l’avvocato Giovanni Tescione, conosciuto per essere stato prima sindaco di Casagiove e successivamente, nel corso del Ventennio Fascista, primo Podestà della città di Caserta. Un personaggio quindi di tutto rispetto, il quale, ebbe nella storia di Terra di Lavoro del XX secolo, un certo peso politico e culturale. Figurava come Tesoriere il ragionier Alfredo Pepe e come Segretario Giuseppe Castiello. Altri membri del Comitato erano: Antonio Centore, Pasquale Cepparulo, Francesco De Angelis, Giuseppe Mingione, Antonio Mingione, Ferdinando Minervini, Francesco Perrotta, Giuseppe Perrotta. Oltre però ai citati nominativi, al Comitato fu aggregata una vera e propria squadra di soccorso, la quale risultava composta da: Elpidio Cepparulo, Dante Mingione, Mario Mascolo, Domenico Palladino, Vincenzo Palladino, Giovanni Perrotta, Vincenzo Panebianco, Vincenzo Rossi, Alfredo Santonastaso e Arturo Uliviero. Lo scorrere di questi nomi, ci fa riflettere sulla nobiltà d’animo che doveva infervorire i cuori  gli animi di questi uomini, i quali appunto, decisero senza alcuna esitazione di aiutare e confortare i malati di colera a Casagiove, mettendo a repentaglio anche le loro vite.

II. La relazione dell’avvocato Giovanni Tescione (anno 1912)

Alla fine del mese di giugno 1911, “il terribile morbo” colerico, scriveva testualmente l’avvocato Giovanni Tescione, “pel tramite di qualche operaio che si era recato a trovar lavoro nei dintorni di Napoli, fece la sua funesta apparizione in Casagiove e si diffuse con una rapidità che sbalordiva”. Dal momento dunque, che le Autorità civili, resesi conto della gravità della vicenda, “non avevano mancato di spiegare con prontezza ed energia tutta l’opera loro per domare il flagello”, anche se, continuava il Tescione, “la crudeltà del male non conosce(va) limiti” non c’era energia che fosse bastata per combatterlo. Alla luce di ciò, la sera del 29 giugno, l’avvocato Tescione lanciava “nel Circolo Unione di Casagiove la proposta della costituzione di un gruppo di volenterosi” che avrebbero, in qualche modo, speso “l’opera loro a sollievo della sventura”. Quella sera, la proposta apparve ai presenti “un po’ audace” , tanto che “in mezzo al plauso dei più, non mancò qualche segno di diffidenza”. Tuttavia, il giorno seguente, cioè il 30 giugno 1911, il Comitato risultava “già costituito” ed era formato “di giovani delle migliori famiglie di Casagiove le quali, con ammirevole spirito di abnegazione, non esitarono a permettere che i loro cari si esponessero ai più gravi pericoli, anteponendo, con atto di vero coraggio civile, l’interesse della pubblica salute a ogni altro spirito di conservazione”. Occorreva quindi, adoperarsi al più presto, “perché il male avanzava a gran passi”. Allora, membri del Comitato promotore, si resero protagonisti di una vera e propria “passeggiata di beneficenza”, attraverso la quale fu possibile raccogliere “più di mille lire” , mentre, il giorno seguente, 1 luglio 1911, “si organizzò una squadra di soccorso che iniziò subito l’opera sua con ordine, solerzia e coraggio”. Nessun tipo di lavoro, a tal proposito, venne “disdegnato da loro, nessun pericolo temuto”. Gli audaci volontari, scriveva il Tescione, “Scovarono e denunziarono i casi sospetti, piantonarono le case colpite, sorvegliarono il trasporto delle vittime, la disinfezione delle abitazioni e delle strade, la preparazione, la disciplina e il vettovagliamento dei locali contumaciali”. Ma il lavoro, non fu soltanto quest’ultimo, in quanto, gli stessi volontari si adoperarono nel dirigere “le squadre di operai destinati ai lavori di disinfezione e provvidero, per conto e dietro le istruzioni del Comune, al pagamento delle loro mercedi”. Gli energici volontari, non si limitarono soltanto nel combattere il colera, ma fecero, allo stesso tempo, “attiva propaganda di accreditamento della prevenzione igienica e penetrarono nel seno delle famiglie colpite, a portare la parola di conforto o l’obolo oculato ed efficace”. Nel corso dello svolgimento dell’opera pietosa e caritatevole, si cercava di “procedere con quell’organizzazione che le condizioni di cose permettevano”. Ogni sera, infatti, “un ordine del giorno assegnava a ciascuno la sua parte del domani, e per tutti quell’ordine era legge”. Nessuno dei membri del Comitato “diede segno di titubanza, indugio o paura nell’eseguire un ordine” e un “calmo e sereno spirito di disciplina reggeva gli atti della piccola squadra”. Questo stato d’animo non era frutto di alcuna preparazione, ma, specialmente della “conseguenza dello spirito di sacrificio che animava i petti giovanili”. Tutti, infatti, nell’ adempimento del loro dovere “furono degni di ammirazione”. A questo ultimo proposito, uno “speciale encomio” veniva rivolto ai signori Giuseppe Mingione, Alfredo Pepe e Antonio Centore, di cui il primo era stato “un vigile preziosissimo custode del locale contumaciale, provvedendo al vettovagliamento e all’ordine di quella casa”. Il secondo, invece, senza abbandonare mai il suo posto, si tenne “al centro di tutte le operazioni”, coadiuvando “la direzione in modo veramente encomiabile”, disimpegnando tra l’altro, “gli uffici di cassiere e di contabile con puntualità irreprensibile”, nonostante nel trambusto generale, riusciva a trovare “il tempo per la compilazione di un rapporto situazione di cassa”, presentando a conclusione di tutte le operazioni “un minuto resoconto finale”. L’ultimo citato dall’ avvocato Tescione, e cioè il signor Antonino Centore, fu protagonista “con tale zelo all’ opera di coraggio e di abnegazione, che gliene incolse grave malattia che lo tenne a letto per molti giorni”. Al termine della sua breve relazione, l’avvocato Giovanni Tescione, evidenziava per l’ennesima volta “l’opera di quei bravi giovani e lo spirito di abnegazione che sempre tale opera animò”, ma, contemporaneamente, si rese conto che “Nell’ora del pericolo, Casagiove trovò pronti al sacrificio i suoi migliori figli” e che il paese una volta “vinto l’aspro nemico”, non doveva assolutamente avere fretta di “dimenticare la lotta passata, quelli che l’affrontarono”, incitando gli stessi cittadini casagiovesi a non abbassare mai la guardia, preparandosi “a scongiurare ogni altro pericolo con assidua, serena e cosciente opera di prevenzione”.

III. Il rendiconto economico del Comitato

Il Comitato di Assistenza Pubblica, nella persona del tesoriere, il ragionier Alfredo Pepe, era riuscito a raccogliere tramite i “Proventi della sottoscrizione pro colpiti dalla epidemia colerica”, la somma di 1155, 80 Lire. Tale importo venne poi suddiviso in diverse operazioni: 227, 15 Lire servirono per “generi di vestiario, nolo di biciclette, medaglie ricordo offerte ai Dottori Messineo e Leonessa”. Sul conto di questi ultimi due medici, l’avvocato Giovanni Tescione, scriveva che “oltre l’opera loro solerte ed efficace, offrirono al Comitato un cospicuo contributo finanziario” e per testimoniare “loro in modo duraturo la gratitudine di tutta Casagiove, questo Comitato stesso offrì due medaglini d’oro in ricordo ai bravi Dottori”. Riguardo ai generi alimentari erano stati prese 56, 50 Lire, per i medicinali 1,40 Lire, per i sussidi 380, 75 Lire. La somma più consistente, cioè quella di 490,00 Lire era stata versata “alla Congrega di Carità di Casagiove per farle distribuire alle famiglie colpite”. 

Fonti

Biblioteca del Museo Provinciale Campano di Capua, Comitato d’assistenza pubblica costituito a Casagiove durante l’epidemia colerica dell’estate 1911, S. Maria Capua Vetere 1912.

Aa. Vv., Storia di Napoli  – Volume X, Di Mauro editore 1971.

(L’avvocato Giovanni Tescione in uniforme militare del Primo Conflitto Mondiale)

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