“A devozione di Giuseppe Mingione”: i doni del Priore all’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova di Casagiove nel 1870

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Premessa

Fin da bambino, quando mi recavo presso la Chiesa dell’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova con mia nonna, per prendere parte alla Santa Messa o per recitare la tradizionale “Tredicina” al Grande Taumaturgo di Padova, restavo sempre attirato dalle non poche statue presenti nella piccola chiesa. In particolare, l’effige raffigurante sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici, mi aveva sempre particolarmente incuriosito non soltanto per la bellezza del volto “ieratico” e per l’assenza del grazioso maialino (purtroppo trafugato), ma soprattutto per la scritta apposta sulla base della statua: A DIVOZIONE DI GIUSEPPE MINGIONE A. D. 1870. Il buon Francesco Petriccione, da tutti ricordato con sincero affetto specialmente per la sua profonda devozione verso Il Santo di Padova, mi raccontava che a donare la statua del Santo anacoreta, così come quella del Bambinello portata in processione nel giorno dell’Epifania, era stato un ex priore della Congrega, Giuseppe Mingione. Delle statue menzionate nel documento, tre in particolare non sono più presenti nella chiesa dell’Arciconfraternita (santa Rosa, santa Teresa e l’Addolorata), mentre l’altare che ospitava la statua dell’Addolorata, oggi ospita la pregevole scultura del Bambinello posta in una artistica “portantina” in rame e perline. Ora ho conosciuto realmente l’animo fedele e devoto di questo uomo, Giuseppe Mingione, il quale, attraverso la sua donazione libera e del tutto spontanea, non solo ha incrementato il corredo iconografico all’interno della chiesa della Congrega di Sant’Antonio di Padova, ma, sono convinto che abbia pure esaltato ancor di più il nome dell’Altissimo, perché l’arte, sacra in particolar modo, riesce ad avvicinare maggiormente Cielo e Terra.

Il contenuto dell’atto redatto il 31 dicembre 1870

Giuseppe Mingione, discendente dei Mingione che dimoravano nel vicolo situato in via Santa Croce (nei pressi dell’omonima chiesa parrocchiale), per un lungo periodo aveva ricoperta la carica di Priore della Congrega di Sant’Antonio di Padova, verso la quale aveva sempre nutrito un certo affetto. Questo legame del Mingione col Pio Sodalizio antoniano, nella seconda metà dell’Ottocento, divenne, in un certo senso, realtà. Giuseppe Mingione aveva infatti deciso di donare alla Congrega, diverse suppellettili, le quali, andarono ad incrementare il corredo iconografico all’interno della chiesa confraternale. Pertanto, il 31 dicembre 1870, Giuseppe Mingione “del fu Emanuele”, si apprestava a redigere un atto attraverso il quale dichiarava di donare l’oggettistica sacra a vantaggio della Congrega di Sant’Antonio di Padova.

Giuseppe Mingione, che era “possidente, domiciliato in Casanova”, precisava innanzi tutto di aver fatto a sue spese, “ed in diverse volte”, all’interno della chiesa della Congrega di Sant’Antonio di Padova, “di S. Croce, in Casanova, parte della Diocesi di Caserta”, un altare di fabbrica “dedicato alla SS. ma Vergine Addolorata, con l’immagine e reliquia della stessa, con un Crocifisso grande che è(ra) in esso sovrapposto” (attuale laterale sinistro della chiesa della Congrega, dove oggi è situata la statua del Bambinello). Il Mingione concedeva ancora, “due scarabattoli di legno con le statue di Gesù Bambino e S. Rosa, più quella di S. Antonio Abate e S. Teresa” (delle statue di santa Rosa da Lima e di santa Teresa D’Avila, se ne sono perse completamente le tracce). Il Mingione aveva inoltre donato pure “il lampadario che è(ra) situato in mezzo alla detta Chiesa”. Tutta questa oggettistica, diceva il Mingione, che era stata fatta da lui per devozione “dall’anno 1856, fino a tutto l’anno 1870”. Giuseppe Mingione desiderava “vivamente” che “la cura ed assistenza” che egli esercitava, sarebbe durata sempre, anche dopo il suo decesso, dai suoi eredi legittimi, e per evitare “qualunque discordia” che in qualche modo poteva suscitarsi tra gli eredi e la Congrega, decise di donare volontariamente alla “suddetta Congrega di S. Antonio di Padova” tutti i menzionati oggetti.

Al primo punto dell’Atto, Giuseppe Mingione ribadiva di donare volontariamente alla Congrega di Sant’Antonio di Padova “di S. Croce, in Casanova, parte della Diocesi di Caserta”, l’altare dedicato alla Santissima Vergine Addolorata, “con l’immagine e reliquia della stessa” e con un Crocifisso “grande in esso sopraggiunto”. Donava ancora il Mingione, “i due scarabattoli di legno” che erano situati ai lati dell’altare dell’Addolorata, e che contenevano le statue rappresentanti Gesù Bambino e Santa Rosa da Lima. Altre due sculture venivano donate dal Mingione, quella di Sant’Antonio Abate che risultava già “situata in una nicchia della Congrega”, e quella di Santa Teresa D’Avila la quale era compresa “di una base portatile”. Oltre all’altare “di fabbrica” e alle citate sculture, Giuseppe Mingione donava gli oggetti che servivano da ornamento all’altare dell’Addolorata, “cioè frasche, e candelieri”. Il Mingione, inoltre, specificava che l’altare dell’Addolorata e gli scarabattoli contenenti le effigi, erano situati “a sinistra entrando la Chiesa”. In secondo luogo, Giuseppe Mingione dichiarava che il custode dei menzionati oggetti sacri, “nonché le chiavi delle nicchie”, dovevano restare presso di lui, vita sua durante, “per averci quella cura” che aveva prestata fino a quel momento, e “per la venerazione delle immagini”, poi, al suo decesso, i suoi legittimi eredi, “cioè sempre il più maggiore”, doveva prendersi cura di tali oggetti “con conservarne ancora le chiavi”, e farne tutto quello che più conveniva “pel mantenimento e pulizia dell’Altare e delle immagini, con promuoverne sempre più la devozione”. Ma per il culto verso i Santi, le cui immagini erano state donate dal Mingione, il donatore poneva delle “clausole”, attraverso le quali se i confratelli della Congrega, oppure qualcun altro, avessero voluto festeggiare “tanto dell’Addolorata, che degli altri Santi di sopra enunciati”, bastava semplicemente il suo “consenso”, mentre al suo decesso bastava invece il consenso da parte di uno dei suoi legittimi eredi, anche se “sempre il più maggiore”. Altro punto importante dell’atto, era il fatto che restava “espressamente vietato” alla Congrega “di muovere gli oggetti” dallo stato in cui si trovavano, “di passarli da un sito all’altro”, perché era desiderio del Mingione farli rimanere come erano “attualmente”. Allo stresso modo poi, restava vietato alla Congrega  “di poter alienare tutto o parte degli oggetti, restando all’uopo facoltato” ai suoi eredi di poter “ritirare” tutti gli oggetti, “per farne poi quell’uso” che a loro più piaceva. Il “sottoscritto proprietario” delle suppellettili spiegava poi “che per qualsiasi motivo” la Congrega “fosse (stata) sciolta”, oppure la Chiesa di Sant’Antonio di Padova fosse stata “posta di alieno dominio”, i suoi legittimi eredi restavano nella facoltà “di ritirarsi i descritti oggetti”, e se per caso col passare del tempo “tutti questi fossero invecchiati, o depreziati”, gli stessi eredi di Giuseppe Mingione, dovevano ritirarli nello stato conservativo in cui allora si trovavano, senza che però nessuno della Congrega o chi altro, gli avesse apposto modifiche. In ultimo, il devoto Giuseppe Mingione diceva di avere presso di se una lampada d’argento che da lui, era stata donata per devozione alla Vergine Addolorata, “per adempiere agli obblighi di coscienza”, ma anche per soddisfare ancora il desiderio del donatore. Perciò, il Mingione donava ancora “questa lampada di argento, in unione di tutti gli altri oggetti di sopra descritti”.

I confratelli della Congrega di Sant’Antonio di Padova, entusiasti della proposta, accettarono “con piacere” le donazioni elargite dal “detto Mingione”, ubbidendo ovviamente, a quanto scritto nell’atto e di “propria mano” alcuni confratelli firmarono il documento: Giuseppe Fortuna “I Assistente”, Tommaso Pettinicchio, Nicola Altiero, Andrea Centore, Raffaele Centore, Pasquale Cepparulo, Carlo Fiorillo, Ferdinando Sibillo.

Fonti

  • Archivio storico dell’Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova in Casagiove.

 

(Giuseppe Mingione ritratto in una foto d’epoca)

 

(La statua di sant’Antonio Abate in legno e cartapesta)

 

(La statua di Gesù Bambino)

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