Un cittadino da ricordare: Pasquale Silvagni sindaco di Casagiove

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Premessa

Con Regio Decreto del 17 febbraio 1872, il “primo” re d’Italia Vittorio Emauele II di Savoia concedeva al Comune di Casanova e Coccagna in Terra di Lavoro, di poter cambiare denominazione passando, pertanto, a Casagiove. Questa cosa nacque però precedentemente, a seguito della decisione presa nella seduta del Consiglio Comunale del 30 ottobre 1871. All’epoca l’amministrazione comunale era guidata dal sindaco Pasquale Silvagni, ricco proprietario nativo di Capua. Il Silvagni si trovò a dover amministrare Casagiove in diverse occasioni, lasciando alla popolazione, senz’altro, un caro ricordo. Questo “particolare” affetto nutrito dal popolo casagiovese verso il sindaco Silvagni raggiunse il culmine, quando, nel giugno 1958 venne ad egli intitolata una delle principali piazze cittadine, l’ex piazza Santa Croce divenuta appunto piazza Pasquale Silvagni. Non fu casuale la scelta di quello spazio urbano, perché li è presente il palazzo Silvagni che, tra l’altro possedeva pure una cappella gentilizia dedicata alla Madonna Addolorata. In occasione dei 150 anni del cambio di toponimo cittadino abbiamo ritenuto opportuno, pur nei suoi limiti, ricordare a grandi linee la figura del primo cittadino Pasquale Silvagni, il cui nome purtroppo, è rimasto scolpito soltanto nella targa marmorea toponomastica. Gli esseri umani, purtroppo, soffrono di un grave deficit: la dimenticanza. Si dimentica con una facilità che sbalordisce il nostro passato e le persone che hanno fatto parte del nostro passato. La società odierna, tende ormai a farci “dimenticare” il passato per disinteresse e talvolta inettitudine. Quante volte ci sarà capitato di sentire, specialmente in ambito scolastico, che la storia si riduce ad una “pappardella imparata a memoria”, senza però comprenderne il significato profondo degli avvenimenti che si sono succeduti nel corso del tempo. La scuola, quindi, dovrebbe ritornare a sensibilizzare gli studenti ogni giorno, riguardo alle memorie passate, non soltanto riducendosi a singoli giorni annuali, così come la “moda” prevede. Il solo fatto di vivere in Italia, nonostante le numerose difficoltà, deve farci comprendere che il nostro vivere quotidiano, seppur inconsciamente, è intriso di cultura. Le nostre città, anche le più piccole, sono ricche di storia e arte, pertanto non possiamo ridurci a “coltivare” la cultura nei suoi vari ambiti, soltanto nel tempo libero oppure quando avvengono le aperture “straordinarie” di musei e di luoghi di interesse storico artistico. La nostra cultura, partendo dalle piccole realtà, sotto la guida delle Istituzioni locali deve inesorabilmente diventare più dinamica, aperta a tutti, specie con l’aiuto della tecnologia. Non più quindi un luogo da preservare e conservare soltanto, ma da promuovere soprattutto.

(Inaugurazione di piazza Pasquale Silvagni nel 1958, in occasione dei festeggiamenti di Sant’Antonio di Padova)

 

I. In ricordo di Pasquale Silvagni e l’opera “sconosciuta” del Buccini

Nel 1907, e più precisamente ad un anno esatto dalla dipartita del cavalier Pasquale Silvagni, Ferdinando Minervini, nipote dell’estinto, volle ricordare come era di consueto per le personalità illustri, il suo compianto zio tramite la divulgazione di un opuscolo a stampa che, con tono enfatico, descriveva la vita e le “gesta” di colui che era stato sindaco di Casagiove per diverse volte. Pasquale Silvagni spirò, infatti, la sua anima al Cielo il 4 febbraio 1906 e la sua salma venne tumulata nella cappella funeraria di famiglia nel cimitero di Casagiove. Successivamente, nel 1907, nel proprio sepolcro venne poi aggiunta una lapide con un medaglione ad altorilievo raffigurate proprio la sagoma del Silvagni, la quale, era riuscitissima “per somiglianza e nobile espressione, nel gesto e nello sguardo semplice, austero, rigido, quale Egli era stato nell’anima”. Si trattava di un’opera plasmata dall’artista Umberto Buccini, figlio del più noto Onofrio scultore nativo di Marcianise.

(Pasquale Silvagni ritratto in fotografia)

 

II. Una vita “movimentata” costellata di successi

A tratteggiare a grandi linee la vicenda terrena di Pasquale Silvagni fu il noto Tommaso De Angelis, il quale, non era nuovo a questo tipo di “ingaggi”, pronunciando, come di consueto, un discorso di “addio”. Il De Angelis, fin da subito esordì evidenziando le buone qualità che avevano contraddistinto il Silvagni in vita: “impiegò operoso ed infaticato per il bene della cosa pubblica”. Contrariamente a quanto si è portati a pensare, il Pasquale Silvagni più volte sindaco, non è nato a Casagiove, bensì a Capua l’8 luglio 1823 da Raffaele Silvagni e da Teresa Fusco. Una volta compiuti gli studi elementari “in questa sua patria di adozione”, si trasferì a Napoli con la famiglia, dove conseguì la laurea in Legge, “meno che ventenne”, nel 1842, “in un’epoca in cui le scuole avevano più saldo e sodo fondamento di cultura mentale, e s’informavano al principio di educare la pianta – uomo per la vita”. Il giovane Silvagni era, però, “conservatore per istinto e per educazione” e una volta ritrattosi in Casagiove, si inscrisse tra le file della Guardia Nazionale, un’istituzione che molti, in realtà guardavano “come frivola e di parata”, ma che tuttavia “aveva un alto significato di difesa interna” specialmente in periodi “in cui il gemito della libertà di Francia echeggiava profondo in Italia” propagandosi pian piano lungo la stratificazione sociale della Penisola. Nel 1848, anno dei moti rivoluzionari che anticiparono in qualche modo le lotte risorgimentali al grido di “Italia unita, Dio lo vuole!”, Pasquale Silvagni era ufficiale della Guardia Nazionale insieme ad un altro concittadino di nome Francesco Menditti, figlio del cavalier Gabriele Menditti. Verso il 1859, poi, prima che nel Mezzogiorno scoppiassero “i torbidi politici, che fecero, poi, sorgere sui sette Stati della Penisola l’Unità della Patria”, il Silvagni “bramoso di pascolar la mente di nuove cognizioni”, intraprese un viaggio all’estero, da Marsiglia portandosi poi a Parigi e a Londra. Nel corso di questi viaggi, Pasquale Silvagni ebbe modo di parlare con gli emigrati di tutta Italia, i quali “a centinaia erano sfuggiti alle angherie del vicerè austro-ungarico del Lombardo Veneto, ai soprusi del Borbone di Napoli e di Sicilia, alla forca del Duca di Modena, alla mannaia del Granduca di Toscana, alle carceri putride di Roma papale”. Pare, infatti, che proprio da queste ultime testimonianze, il Silvagni si accinse, in un certo senso, “ad amar meglio la patria e l’umanità”. Pasquale Silvagni, a dire del professor Tommaso De Angelis “era innamorato di questa Casagiove”, che adagiata lungo le falde tifatine era “una delle residenze più ambite per postura geografica, a piè di colline dilettose, e per salubrità di clima temperato”. Per volontà del popolo venne eletto al Consiglio Comunale di Casagiove, dove “ebbe adito di mostrare la sua valenza come pubblico amministratore”, poi, una volta entrato nella Giunta Municipale “non tardò a conquistare, con le sue mirabili doti di equità e rettitudine, il posto di primo magistrato della città”. Il Silvagni ricoprì la carica di primo cittadino casagiovese per diverse volte: dal 1870 al 1875 e dal 1883 al 1900. Durante la sua prima sindacatura, avvenne per Casagiove “il primo censimento di popolazione del nuovo regno italico”. Nel 1877 venne creato cavaliere della Corona d’Italia. Per quanto riguardava il lato umano del Silvagni, evidenziava Tommaso De Angelis che egli era, in realtà, ispirato dal “principio eminentemente altruistico” andando incontro alle necessità di tutti, specie dei meno abbienti. Certamente, però, l’esempio più lamante di questa sua, per così dire carità, fu quello avvenuto nel 1900, quando il Silvagni lasciò alla Congregazione di Carità del Comune di Casagiove “un cospicuo lascito”.

Fonti

  • A Pasquale Silvagni, morto in Casagiove il dì 4 febbraio 1906. Ricordi Funebri, S. Maria Capua Vetere 1907.
  • Archivio di Stato di Caserta, Stato Civile napoleonico e della restaurazione, Capua – Registro delle Nascite 1823, numero d’ordine 234. Attraverso l’atto di nascita è stato possibile acquisire delle curiosità. Il papà di Pasquale, Raffaele Silvagni, era domiciliato alla “strada Giudici” (piazza dei Giudici), mentre, di professione risultava essere “proprietario”, quindi benestante. Il neonato venne poi battezzato presso la chiesa parrocchiale di San Giovanni dei Nobiluomini. La dichiarazione della nascita venne effettuata con la presenza di due testimoni, Giuseppe Fiorentino di professione “sartore” e Giuseppe Marino di professione “falegname”.

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