La vita del Convitto Educativo dell’Immacolata Concezione di Casagiove, attraverso lo Statuto del 1869

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“Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero”

(Benedetto XVI)

 

Premessa

Lo Statuto che doveva regolare la vita del Convitto educativo casagiovese, posto sotto gli auspici della Vergine Immacolata Concezione, era stato protagonista di una “rivisitazione” da parte delle Autorità comunali dell’epoca, in conformità alle nuove leggi emanate dal Governo italiano. Essendo il Convitto diventato di proprietà comunale, esso veniva amministrato dalla Congregazione di Carità, Ente sorto in tutti i comuni della Penisola successivamente all’unificazione nazionale (1861) e composto da personalità legate alla vita comunale, o, come in diversi casi, da persone delegate dalle Autorità comunali. A firmare lo Statuto era stato, il 29 agosto 1869, l’assessore delegato Pasquale Silvagni “per il Sindaco in gongedo” dell’allora Comune di Casanova cavalier Giuseppe di Mauro, dal consigliere “anziano” Giovanni Scialla e dal segretario comunale Giuseppe Centore. Lo stesso Statuto – Organico era stato poi “affisso e pubblicato in conformità della legge, senza opposizione alcuna” il 30 agosto 1869, sempre visto dal segretario comunale Centore, dall’assessore delegato Silvagni e dal Ministero dell’Interno, in quell’epoca rappresentato dal ministro Giovanni Lanza.

I. Le disposizioni generali

Il Conservatorio sotto il titolo dell’Immacolata Concezione, così come in origine venne denominato, era stato fondato nell’allora Comune di Casanova per volontà del canonico don Nicola Centore, ed era stato riconosciuto dal monarca delle Due Sicilie, Sua Maestà Ferdinando II di Borbone, attraverso il Real Decreto del 19 giugno 1852. Ad ogni modo, a partire dal 1869 al “Conservatorio” venne affibbiato il nuovo appellativo di “Convitto” dell’immacolata Concezione. Gli scopi fondamentali che regolavano la vita della Pia Istituzione erano “di ricoverare, istruire, ed educare gratuitamente le figlie del popolo, nate e domiciliate nel Comune, e le discendenti in linea collaterale dal fondatore”. Al Convitto però, come risulta dal documento, pare che in quel periodo non vi fosse accorpata ancora una scuola esterna annessa. Sia nel Convitto, che nella scuola esterna, potevano essere ammesse “fanciulle appartenenti a famiglie agiate mediante una pensione mensile” che, doveva determinarsi in base al Regolamento “d’interna amministrazione”. Limitato risultava essere invece “il numero dei posti gratuiti” fissato a dieci, dei quali quattro “a beneficio delle orfane del Comune”, e sei alle “discendenti del Fondatore”. Anche il tempo per poter essere ospitate all’interno del Convitto era limitato, in quanto l’ammissione era stata stabilita “dagli anni sette a dodici compiuti”, mentre, per quanto riguardava l’uscita “agli anni venti compiuti”. Le orfane, per poter essere ammesse, oltre all’età, dovevano presentare determinati requisiti: “lo stato d’intelligenza da attestarsi dal Sindaco” e quello relativo all’orfanezza “da risultare dagli estratti di morte dei genitori”, mentre, i posti “a beneficio degli eredi del testatore”, venivano concessi “ad occasione delle vacanze, data sempre la preferenza alla linea maschile, ed in concorrenza, a quella più prossima allo stipite di Giovanni, e Raffaele Centore”. Il mantenimento del Convitto si reggeva soprattutto grazie ai beni “della primitiva dotazione fatta dal Fondatore”, coi beni e con i lasciti che sarebbero pervenuti “in prosieguo”, con la produzione del lavoro “delle ricoverate” e con altro ancora che figurava “tra le attività del Pio – Stabilimento”. L’amministrazione del Convitto, invece, era “confidata alla Congregazione di Carità”, l’Ente, quest’ultimo, gestito direttamente dall’Amministrazione Comunale.

II. L’educazione e l’istruzione

Le fanciulle che entravano a far parte del Convitto, venivano educate “nei sentimenti di morale, e di religione, ed in tutte le altre virtù cittadine”, così da farle diventare “buone madri di famiglia, ed utili alla Società”. Per quanto riguardava l’istruzione scolastica, quella letteraria in modo particolare, era inserita tra le materie della I e II Elementare, “secondo i programmi Governativi”. Il lavoro, che “è(ra) comune a tutto”, nel Convitto non aveva “distinzione di sorta”, dovendo le giovani tutte “ricevere indistintamente lo stesso trattamento”. Il prodotto netto annuale dei lavori svolti dalle alunne, “dedotta la spesa del genere grezzo”, metà andava “a loro profitto” e l’altra metà “a beneficio dello Stabilimento”. L’ammontare degli utili del lavoro, però, non venivano pagati alle alunne se non quando sarebbero uscite dal Convitto. La piramide sociale del Convitto era caratterizzata da una Direttrice che appunto, doveva guidare la direzione interna, le cui attribuzioni e i cui doveri erano specificati nel “Regolamento interno”. La nomina sia della Direttrice, sia delle Maestre, infatti era prerogativa concessa dalla Congregazione di Carità. Le donne alle quali erano stati conferiti gli “uffici di Maestre, e di Prefette”, continuavano a rimanere nel Convitto, fin quando però non avessero cessato “man mano per morte, e per altra causa”.

III. L’amministrazione dell’Opera Pia

Il Convitto era amministrato e diretto dalla locale Congregazione di Carità, “conservandone distinti lo scopo, e la speciale natura”, tenendone “separate le attività, e passività del rispettivo patrimonio”. Ad ogni modo, i rappresentanti della Congregazione di Carità, dovevano attenersi al “presente Statuto – Organico del Convitto”, per ciò che appunto riguardava “l’indole, e gli interessi particolari di questo, ed al proprio Statuto – Organico generale per ciò che riguarda(va) le adunanze e convocazioni, le votazioni e deliberazioni, le attribuzioni del Presidente e dei Membri, e le norme generali Amministrative”. La Congregazione di Carità doveva quindi svolgere “l’attuazione del disposto nel presente Statuto – Organico” e specialmente per ciò che riguardava “alla concessione di quattro posti gratuiti a beneficio delle orfane del Comune, di cui è(ra) parola nello articolo 5”, sempre però, se le condizioni economiche lo avessero permesso.

Fonte: 

  • Archivio di Stato di Caserta, Opere Pie – busta 1216, fascicolo 5

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